
Nella Firenze del ‘400 ha vissuto Cosimo il Vecchio della famiglia Medici, detto il Vecchio per distinguerlo da Cosimo I. In quel tempo Papa Eugenio IV, che risiedeva a Firenze in Santa Maria Novella, promosse il Concilio di Ferrara e Firenze con lo scopo di unificare la Chiesa Cattolica a quella Ortodossa, separate dal 1050.
A Ferrara scoppiò la peste per cui il Concilio si svolse a Firenze. Dalla Chiesa Greca Ortodossa arrivarono, per il Concilio, 700 persone tra studiosi, monaci, compreso il Patriarca e l’Imperatore di Costantinopoli. Queste personalità portarono a seguito testi originali di Platone, Plotino e tracce di scritti di Pitagora in greco: questa cosa destò molto interesse a Firenze e specialmente su Cosimo. Fino ad allora si conoscevano parti di questi testi, sempre riportati da altri autori, mentre ora erano giunti i veri testi e integri.
La cosa fu eclatante fra gli studiosi. A seguito dell’Imperatore di Costantinopoli vi era Gemisto Pletone di 85 anni, che possedeva libri antichi conosciuti in parte dagli umanisti del tempo. Questo Pletone tenne a Firenze delle lezioni per divulgare il suo sapere e la lingua greca, alle quali partecipò lo stesso Cosimo il Vecchio. Pletone era di Mistras, la Capitale di allora del Peloponneso, vicino a Sparta.
Un altro personaggio fu Bessarione che da greco ortodosso si convertì al Cattolicesimo. Altro studioso greco fu Argiropulo che ebbe come allievo il giovane Angelo Poliziano (il più grande poeta del ‘400) e gli insegnò il greco.
Ai tempi di Cosimo i libri erano preziosi, alcuni rarissimi. Cosimo mobilitava i suoi studiosi, come Poggio Bracciolini, Nicolò Niccolini, Coluccio Salutati per trovare questi testi rari e, quando li trovava, li pagava a peso d’oro. Niccolò Niccolini era un umanista e alla sua morte lasciò in eredità ben 800 libri alla confraternita di San Marco. Cosimo che stava restaurando proprio San Marco, sotto preghiera del Papa, fece costruire una biblioteca per conservarli nel miglior modo e a questa biblioteca aggiunse tutti quelli che riusciva a trovare lui stesso.
Ora la biblioteca di San Marco non conserva più questi testi, che si trovano invece nella biblioteca Laurenziana, proprietà allora della famiglia Medici.
Il greco Bessarione alla sua morte lasciò i suoi libri alla città di Venezia, alla biblioteca Marciana, fra le più importanti d’Italia in fatto di libri antichi. Questi personaggi sono stati le basi culturali per la trasformazione della società di allora, che poi porterà con Lorenzo il Magnifico, figlio di Cosimo, al Rinascimento. Cosimo aveva creato un cenacolo di studiosi; questo cenacolo veniva frequentato da Marsilio Ficino, Angelo Acciaioli, Cristoforo Landino, Leon Battisti Alberti e anche Demetrio Calcandilo, greco e insegnante di greco. Proprio lui divenne il primo stampatore dell’Iliade e dell’Odissea; prima di allora il testo non era conosciuto per intero, ma frammentario: quindi l’Iliade e l’Odissea furono stampati per la prima volta in questa magnifica Firenze.
Questi libri originali, vari testi di Platone, Proco Plotino, tutta la sapienza greca finalmente fu conosciuta.
Eppure, una cosa ancora mancava a Cosimo: riuscire a svelare il segreto di Ermete Trismegisto, personaggio misterioso, quasi mitico, che aveva scritto dei libri importanti, ma introvabili. Di lui Cosimo aveva seguito le tracce in Cicerone (De Natura Deorum) dove accennava un passo di Ermete e viene da lui identificato col Dio Mercurio, ma soprattutto con Thoh degli Egizi, il Dio dalla testa di Ibis, colui che aveva insegnato a questo popolo la scrittura geroglifica e le arti.
Uomo eccezionale, tanto da stimolare gli intelletti del cenacolo di Cosimo.
Anche un Vescovo cartaginese, amico di Sant’Agostino, parla di Ermete Trismegisto. Scoprono anche che Lattanzio, padre della Chiesa, cita il libro di Ermete “Corpus Hermeticum”, dove parla della nascita del Figlio di Dio, prima che Gesù fosse nato.
L’enigma per gli studiosi di Cosimo aumenta.
Alla fine del 1460 un monaco di Pistoia, Leonardo da Pistoia, porta dalla macedonia a Firenze un codice greco con i testi di Ermete Trismegisto. Cosimo si appropria subito di questo testo e chiede a Marsilio Ficino di tradurlo in latino. Ficino in quel momento stava già traducendo Platone, smette subito per i testi di Ermete. Finalmente Cosimo scopre il tesoro tanto cercato. Comprende che l’idea della Trinità Divina era già stata concepita nella notte dei tempi. Scopre che esiste un patto antico fra uomini e Dio che ha origini antidiluviane. Questo patto non si è mai sciolto, è un’unica catena che l’ha tramandato da generazioni in generazioni.
Ora Cosimo vede questa catena non solo nelle Sacre Scritture, la scopre nella tradizione più colta dei sacerdoti egiziani, la ritrova nella Kabbalah ebraica e comprende che tutte queste religioni in realtà hanno un’unica fonte e vede la possibilità di riunirle tutte. Spera che il Cristianesimo conquisti il mondo con le armi della sapienza, non con quelle di acciaio, ma la cosa non è così facile.
Tutt’ora le due chiese Cattolica e Ortodossa sono ancora divise, pur essendo entrambe cristiane. Per non parlare delle altre religioni!
Marsilio Ficino ebbe un regalo da Cosimo per le traduzioni fatte, gli regalò una villa a Careggi e questo è sancito dall’Archivio di Stato dove esiste ancora questo contratto.
Cosimo ritenne che il suo cenacolo fosse come una nuova Atene, una nuova Accademia Platonica, rinata a Firenze per riportare splendore al mondo.
Alessandro, storico d’arte e caro amico ci dice che per alcuni l’Umanesimo fu l’inizio di una visione laica e areligiosa della vita; chi lo dice sta prendendo una cantonata, perché di fatto non è così: non a caso gli studiosi di Cosimo erano andati a ritrovare proprio le fonti del Cristianesimo. Nell’Umanesimo fiorentino del ‘400 ci fu una rivoluzione del pensiero, che poi porterà al Rinascimento con Lorenzo il Magnifico. Angelo Poliziano, allievo di Argirione, uno dei dotti venuti dalla Grecia per il Concilio, istruì i figli di Lorenzo il Magnifico e fu uno dei personaggi che inaugurarono l’epoca d’oro di Firenze, con tutti gli artisti che ne seguirono, come il Botticelli e la sua Primavera, col Dio Mercurio che indica la via alle anime pronte a voler capire.
La Tati