Spesso nella vita il poter portare i sogni alla realtà, dipende da incontri con le persone giuste.
Quest’incontro, nel mio caso, ha il nome di Dino Migliorini.
Migliorini, artista postmacchaiolo, era conosciutissimo a Firenze negli anni Settanta/Ottanta.
Tanto conosciuto che avere un suo quadro era come avere un assegno firmato in tasca.
La mia voglia di dipingere, che si era manifestata già da piccolissima, aveva trovato una chiusura tassativa da parte del mio babbo, il quale riteneva che frequentare l’Accademia fosse la strada per diventare una “donnaccia”.
Ma la provvidenza superò quest’ostacolo facendomi conoscere Anna, la figlia di Dino Migliorini.
Ne diventai amica e una delle prime cose che fece fu quella di portarmi nello studio del babbo.
Ero già sposata e mio marito comprese subito che imparare a dipingere sarebbe stato per me fonte di grande gioia e così iniziai a frequentare lo studio di Dino.
Questo scritto, che mi è stato chiesto per la presentazione di un suo catalogo, lo vorrei pubblicare anche qui come omaggio e ringraziamento.
Il maestro Dino Migliorini
Un Maestro indubbiamente Dino Migliorini, conosciutissimo in tutta Firenze e non solo.
Tornando al mio primo incontro con lui, mi ricordo la sua figura che si muoveva avanti e indietro per vedere meglio quello che stava dipingendo.
Piccoli passi, quasi un ritmo che faceva un tutt’uno con la sua mano che si muoveva veloce sulla tela portando piccoli tratti di colore spesso non diluito. Questo per creare quella condizione “materica” così caratteristica delle sue opere dove spesso, senza sfumature, il colore contrasta con altre tonalità.
Lui, che alto non era, si muoveva sulle sue ciabatte ormai non più bianche (di quelle chiuse con i buchini, alla dott. Scholl per capirci) poi se alzavi lo sguardo vedevi pochi centimetri dei suoi pantaloni sommariamente arricciati e ancora un grembiule che compresa la pettorina lo copriva quasi interamente.
Su questo gli strati di colore e i pochi lavaggi non permettevano più alla stoffa di essere morbida.
Il maestro si muoveva in questo piccolo regno che era il suo studio; piccolo ma da sogno. Da quello si accedeva ad un terrazzo sui tetti e con lo sguardo abbracciavi tutta Firenze.
Questo era lo spazio più alto dell’antica casa – torre dei Cerchi in Via Condotta, dietro Piazza Signoria.
C’era anche un altro locale che faceva parte del suo studio molto più grande, bellissimo, tutto a vetri, ma quello era riservato a chi, come me, andava da lui “a bottega” per dipingere. In verità non aveva allievi se non Paola che lo seguiva ormai da molti anni. Questo era anche il luogo dei suoi momenti di riposo.
Appena entravi oltre alle tende giallastre scolorite dal sole notavi che le pareti e anche il piccolo paravento che usava per cambiarsi erano pieni di nomi e numeri telefonici.
Sì, un modo pratico per non dimenticare …
È qui che io ho passato i miei anni di vicinanza con lui. Un vero maestro che non ha mai voluto che imparassi a dipingere rifacendo i paesaggi e le nature morte che erano i soggetti principali delle sue opere.
Voleva che esprimessi il mio sentire e non il suo e questo suo modo di insegnare lo applicava dandomi consigli non puramente tecnici, ma lasciandomi libera di esprimermi e poi, guardando ciò che facevo, mi faceva notare ora la “pesantezza” e lo squilibrio in un punto della composizione ora come il colore risultava “sordo” ora come dovevo aggiungere elementi per accentuare dei “punti di forza”…
Chi l’ha conosciuto ricorderà la sua simpatia e il suo modo di intercalare i suoi racconti con grosse e fragorose risate a cui non mancava mai di aggiungere quel suo gesto particolare di toccarsi il naso afferrandolo.
Questo avveniva soprattutto quando parlava della sua vita e delle bravate fatte con altri artisti fiorentini.
Mi parlava spesso di Ottone Rosai, di Ardengo Soffici e di Baccio Maria Bacci che aveva conosciuto e della loro pittura.
Inoltre con me amava intavolare discorsi che spesso finivano in accese discussioni su alcune correnti filosofiche e sull’importanza del lavoro artistico come aspetto finale di un’idea forte e realmente sentita.
Grazie di cuore Maestro Migliorini.
Luisa Del Campana