Leggete questa poesia. Il suo autore, Crescenzio, la distribuiva qualche anno fa su un foglio ciclostilato alle fermate dell’autobus a Firenze. Implorava ogni persona di leggerla, e di non dimenticare.
Crescenzio è stato in un campo di prigionia tedesco, non sappiamo quale, e ne è uscito. Questa bellissima poesia è il suo monito a ricordare. A volte la memoria chiede ascolto, anche quando non è la sua Giornata: diffondete e, se sapete qualcosa di più su Crescenzio, fatemelo sapere.
Grazie 

La Gavetta

Fra le tante cianfrusaglie accatastate
nella cantina dentro una cassetta
ritroveremo un giorno la gavetta
con le iniziali nostre ricalcate.

La guarderemo allora con affetto
questa vecchia amica della prigionia
ed una punta di malinconia
ci scenderà dagli occhi fino al petto.

Quanti ricordi ci verranno in mente
di tutto quel periodo lontano
nel risentirla fredda nella mano
ritorneranno in modo rilucente

i volti dei compagni, le giornate
vissute nel tormento le emozioni
provate nel subir perquisizioni
e tante discussioni appassionate…

e penseremo… nel carro bestiame,
sotto la scorta di quei brutti musi
per quanti giorni siamo stati chiusi
mezzi morti dal freddo e dalla fame.

Per dire questo non ci sono parole
guardar di dietro all’inferriata stretta
paludi e nebbia… terra maledetta
sperduta sotto un cielo senza sole!!

Tornerà tutto come una visione…
momenti tristi, pallide allegrie
sgorgate per scordar le nostalgie
che nella notte empivano il vagone;

il campo chiuso dai reticolati
l’affollamento delle camerate
le sofferenze per le due adunate
al vento, nei piazzali impantanati

e la cucina, il commercio da strozzini
il mercato nero e le serate
passate per spartirci le patate.
Il pane e il sale e il burro a pezzettini.

Dentro la mente chiara ricordanza
noi rivedremo il bagno e l’iniezione
e il modo infame di perquisizione
studiato per recarci un’insolenza

Il maresciallo che con gli occhi storti
guardava bieco durante l’appello
come se fosse stato un colonnello
“Ricorderemo tutti i nostri morti”

strappati ad uno ad uno nel rimpianto
di spegnersi alla vita e volar via
nel triste esilio della prigionia
senza il conforto di un parente accanto

E l’emozione della prima posta
un’ondata di grande commozione
che dava a ciascheduno l’impressione
d’averla avuta lui quella risposta

E quando ripensando alla famiglia
al viso amato della mamma cara
scendeva calda quella stilla amara
che ci bruciava l’occhio tra le ciglia.

Silenzi lunghi che nella serata
ci davano la pace di un momento
il bisogno di restare in raccoglimento
e recitar il rosario in camerata.

Così quella gavetta che ci ha visti
per tante volte con la faccia scura
nel rimestarla e dir “tutt’acqua pura”
avrà anche lei tanti momenti tristi.

Abbandonata come cosa morta
nella cantina con la roba antica,
ma si sentirà sempre nostra amica
non tanto per ricordi di una volta

ma specialmente per la sua virtù
di farci da scongiuro nella vita
perché quella tragedia che è finita
volendo Iddio non possa tornar più.


Crescenzio, dicembre 1944

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