Tra le canne delle paludi del fiume Eurota, vicino Sparta, ti vidi per la prima volta. Incollai i miei occhi ai tuoi, verdi e selvaggi come correnti marine profonde.
Eri e sei bella, selvaggia, con i tuoi piedi scalzi sprofondati nella terra vestita di nero, alta, capelli corvini, silenziosa e felina. La tua bocca non parla, i tuoi occhi scavano dentro. La gente ti chiama “la muta”, per loro non meriti un nome, non ti rispettano, io sì. Colgo in te e con te la bellezza più profonda. Che mi importa se non parli, se cammini scalza, se vesti di nero eternamente a lutto, se hai i capelli arruffati. Che importa! Sei l’incarnazione precisa di questo nostro pianeta, aggressivo , ma anche generoso.
Il tuo nome è Vassilia, che in greco significa “regina” e tu lo sei. Per la mia immaginazione divieni simbolo della bellezza. Ti sorrido per non farti fuggire e la tua bocca silenziosa ricambia. Ora sei dentro di me per sempre anche se sarò lontana da te. I simboli sono immortali.
La Tati