A mio padre Luigi.
Con la speranza di rendere omaggio a mio padre, uomo generoso ed affabile ed insegnante colto e brillante, desidero condividere con voi queste sue parole, scritte alcuni anni fa e dedicate affettuosamente alla sua
maestra d’infanzia; una giovane donna che con il suo modello, aveva segnato fin dal principio la vita futura del suo piccolo allievo, infondendo in lui l’amore e la dedizione all’insegnamento.
Questo scritto mi appare oggi, a pochi giorni di distanza dal suo commiato da questo mondo, come una sorta di testamento spirituale. Mio padre stesso, prima della sua terribile malattia, aveva lasciato sul
tavolo del suo studio, ben in vista, una copia di questo testo.
Sento venire dal cuore, quindi, il dovere morale di omaggiarlo condividendo la bellezza di questo testo che, nella sua semplicità, profondamente esprime la sintesi di un’esistenza vissuta con nobiltà d’animo, con sensibilità e con onestà, nel rispetto umano degli altri e nella continua ricerca della verità.
A lui dedico questo gesto, al padre affettuoso che pur standomi sempre vicino, mi ha reso comunque libera di esplorare il mondo e mi ha insegnato, come già aveva fatto con lui la maestra Pina, a guardare “oltre il
profilo dei nostri monti e della nostra valle” .
Fiammetta Sordi
Alla gentile
Signora Maestra Pina Grazzini
UNA FAVOLA VERA
C’era una volta…, già c’era una volta…
Incominciano così, tutte le favole e anche questo racconto, che è storia vera, ma per il tempo trascorso, ha ormai il sapore di una favola, non può avere che un inizio diverso.
Dunque, c’era una volta e c’è ancora oggi, sopra un altipiano dell’Appennino di Toscana, immerso nel verde degli ulivi, un piccolo paese di campagna con la sua chiesa, antica naturalmente, con il suo campanile, snello e dalla voce sonora e con il suo cipresso, sopra il quale, nelle notti serene, occhieggia una stella; e poi, sotto il campanile c’è anche una piazza, piccola, rivestita di pietre e sulla quale i ragazzi, specialmente
di sabato, giocano a “ frotta” rumorosi.
Questa paese, però, non si chiama Rio Bo e nemmeno Recanati, ma ha un nome altrettanto originale e suggestivo: si chiama Pian di Scò. (per il lettore curioso e saputo diremo che tale denominazione ha origine
latina e significa “Piano del Querceto”).
In questo paese, dopo i furori della guerra che imperversò anche dentro le sue vie e sopra le sue case, giunse un giorno, da un lembo di terra di Sicilia azzurro e lontano, una giovane maestra, piena di vita e di entusiasmo.
Il Provveditorato, già non più regio, e da poco repubblicano, l’aveva assegnata alla “Scuola Elementare Rurale Mista” di questo piccolo Comune e così un luminoso mattino di ottobre, trentaquattro “scolari” (allora si chiamavano così), maschi e femmine, disorientati e intimiditi, furono raccolti in un‘aula che odorava di banchi e di gesso e vennero affidati alle sue cure.
Incominciò allora per Eugenio, Natale, Bruno… e per Imperia, Graziella, Giorgina… la grande avventura della scuola e della vita.
Così sotto la guida affettuosa ed energica della Signora Maestra Pina (allora non si dava del tu alle maestre), questi ragazzi e queste fanciulle, abituati alla libertà dei campi, del torrente e delle vie, impararono che vivere non era soltanto aiutare sereni, la mamma nelle faccende di casa o andar a caccia di nidi e di frutta, o al seguito dei più grandicelli avvicinarsi, curiosi, a seducenti oggetti lasciati dalla guerra (due dei più esperti persero la vita smontando un proiettile), ma significò prima, presenza quotidiana ad un appello, attenzione ad una lavagna, concentrazione su aste, sillabe , parole e poi… e poi.. tante altre cose.
Imparammo così (chi scrive era uno dei trentaquattro), che il mondo era più grande del sagrato della nostra chiesa, che oltre il profilo dei nostri monti e della nostra valle c’erano i fiumi, le montagne, i mari indicati sulle carte appese alle pareti.
E mentre le primavere si succedevano nello splendore dorato di una mimosa che, oltre le finestre dell’aula, fremeva invitante, dalla voce alta e chiara della signora Pina, e dalle pagine umili dei nostri sussidiari (allora non c’erano la TV, i CD, i programmi culturali) apprendemmo che sull’orizzonte si trovano l’Est, l’Ovest, il Sud e il Nord; che la Terra è una pallina che gira e gira sospesa in un vuoto infinito e buio, ma pieno di soli e di pianeti ;che sono esistiti gli Assiro- babilonesi, i Greci, i Romani, Napoleone e che …tanti nostri alpini erano morti in terra di Russia.
E sapemmo anche che raggi e perimetri misurano sfere e quadrati; che i sussulti improvvisi dei nostri semplici cuori di ragazzi si chiamavano sentimenti ed emozioni; che coloro che guardano dentro all’anima e
vedono e narrano, erano detti poeti e scrittori; che la vita, il mondo tutto, è un groviglio senza fine di attese e speranze, di gioie e dolori, di meraviglie e tragedie.
Poi, la mimosa di là dalla finestra annunciò un’ultima estate, l’intero ciclo della scuola elementare dell’obbligo era concluso e ciascuno seguì la sua via, chiamato al mistero del proprio destino.
E allora, a contatto con un’altra maestra, la vita, che ci lusingava con le sue promesse, ci aspettava alle sue prove, ma segnava con ben altro lapis rosso e blu i nostri errori, capimmo che in quei lontani primi anni
verdi la signora Pina ci era stata paziente e affettuosa compagna nella prodigiosa scoperta, unica e definitiva, di quelle leggi universali che sono le strutture essenziali del pensiero e i principi eterni della morale.
Comprendemmo che vicino a lei avevamo imparato a dare ordine alle nostre idee, ad esprimere i nostri concetti con parole opportune, a vedere e misurare per la prima volta lo spazio, a conoscere, oltre la nostra, le vicende di altri uomini, tutti simili a ciascuno di noi, a intuire l’esistenza di Dio che ci ha creati e che nell’assurdità della vita ci ama e ci attende.
Ma con la nostra maestra Pina abbiamo conosciuto anche i valori profondi dello spirito e cioè il dovere, appreso dal suo esempio e dalla sua dedizione, la disciplina, ottenuta con la sua affettuosa severità, il senso del sacrificio, che vedemmo vissuto nel dramma del piccolo Nanni rimasto per sempre con noi nel nostro cimitero. Vicino a lei apprendemmo inoltre la gioia di stare insieme in amicizia e sincerità e provammo la sicurezza e il conforto che derivano dal sentirsi ascoltati, seguiti, amati.
Oggi, dopo più di cinquant’anni, insieme a coloro che sono lontani o che purtroppo ci hanno lasciato, ma sono qui, presenze invisibili e certe (Attilio, Fedora, Nello, Giovanni, Renzo), alcuni di quei trentaquattro che
fummo, festeggiano questo incontro con la loro maestra, nel tenero ricordo che, con lei e per lei, si schiuse in ognuno di loro, il miracolo vero della vita e cioè prese realtà la consapevolezza profonda di vivere e di essere uomini.
Grazie, signora maestra, per tutto ciò! Che il buon Dio, nella persona del bambino Gesù che sta per arrivare, la preservi ancora, a lungo e in salute, all’amore della sua famiglia e all’affetto dei suoi “ cari scolari”.
Pian di Scò, 14 dicembre 2023